Natura et Ratio

sabato, luglio 07, 2007

7.7.07 - LIVE EARTH

Oggi si è tenuto un concerto per la Terra in varie città del mondo, cui hanno aderito oltre 150 artisti e cantanti internazionali. Una rete televisiva italiana ha trasmesso, tra un’esibizione e l’altra, alcuni approfondimenti tematici (cambiamenti climatici, biodiversità, ecc.). Uno di questi si è soffermato sulla situazione passata e attuale della foresta amazzonica: storie di disboscamenti più o meno legali voluti da multinazionali del settore del mobile e del polo agro-chimico, e immagini di popolazioni indigene ridotte alla fame per garantire il progresso del “nord” del mondo, dopo secoli di crescita culturale indipendente e di auto-sostentamento in perfetto equilibrio con la natura.
Terreni disboscati, dissodati e sterilizzati da incendi e monocolture di soia. Soia che serve per alimentare gli allevamenti intensivi di bovini da carne, anche questi sorti dal nulla nel bel mezzo della foresta che fu. Il tutto per il mercato dei “ricchi”, che hanno uno stile di vita elevato per mantenere il loro ben-essere, che sprecano in media il 15-20% del cibo che acquistano, che sono i principali artefici – assieme alle multinazionali e ai politici progressisti e sviluppisti – dei disastri ambientali odierni e futuri, cambiamenti climatici inclusi (dato che le foreste sono i principali “sequestratori” di gas serra e in particolare della CO2).

Bambini, uomini, donne e anziani abitanti della foresta amazzonica sono così costretti ad abbandonare le loro terre, a perdere la loro dignità di persone, per trasferirsi nelle baraccopoli delle periferie delle principali megalopoli brasiliane. Sono i nuovi poveri, quelli del progresso e dello sviluppo. Sono cittadini di questo mondo, privati della loro terra, delle loro radici, della loro cultura. Che diventano un problema sociale poiché nel mondo non c’è più posto per loro e diventano terreno fertile per famelici avvoltoi umani (prostituzione, microcriminalità, traffici illeciti, ecc.).

Sapete qual è stata la scena più significativa, o almeno quella che più mi ha colpito, dello speciale sulla foresta amazzonica? Quella del Bradipo fermo in mezzo ad una strada (la “transamazzonica”, circa 5000 km tra asfalto e terra impraticabili per 4 mesi all’anno), in evidente difficoltà. Questo mammifero dalle abitudini “sedentarie” è specializzato per vivere solo e soltanto sugli alberi, nutrendosi di germogli e foglie: non potendo strisciare o camminare, sul terreno non riesce quasi a muoversi. Dopo aver tagliato gli alberi e costruito una strada che divide in due la foresta, il Bradipo non ha più alcuna possibilità per vivere in quell’ambiente a lui totalmente estraneo: o finisce sotto le ruote di un tir che trasporta tronchi, o muore di stenti sul terreno.
Una metafora realistica sulla fine dell’umanità? Chissà se anche i nostri politici se ne accorgeranno, prima o poi…. e se raccoglieranno la sfida, rispondendo alla chiamata della Terra.


A questo punto penso – e non solo il solo – che per salvare veramente il nostro Pianeta l’unica strada sia la nostra auto-estinzione, cui ci stiamo avvicinando a velocità supersonica! La strada è quella giusta