Natura et Ratio

giovedì, gennaio 04, 2007

I PARADOSSI DELLA CACCIA IN ITALIA: QUANDO IL CACCIATORE E’ ANCHE IL CONTROLLORE…(DI SE STESSO?!?)

La legge N. 157/1992 sulla tutela della fauna selvatica omeoterma prevede – giustamente – che ci sia incompatibilità tra il ruolo di operatore di Polizia abilitato anche a compiti di vigilanza venatoria (quindi qualsiasi organo di polizia) e il contemporaneo status di cacciatore nel tempo libero nel territorio di loro competenza. Ma le cose non stanno propriamente così.
Una recente interrogazione parlamentare (presentata lo scorso mese di dicembre dall’on. Luana Zanella al Ministro dell’Interno) chiede come mai questo divieto sia puntualmente disatteso, visto che è assai diffuso, quasi ovunque in Italia, il malcostume del mancato rispetto dell'articolo 27, quinto comma, della citata legge 157/92. Accade abbastanza frequentemente, infatti, che alcuni appartenenti alla Polizia di Stato, all'Arma dei Carabinieri, alla Guardia di Finanza, alla Polizia Penitenziaria, al Corpo Forestale dello Stato (con status permanente di ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria anche quando non in servizio), esercitino l'attività venatoria fuori dell'orario di servizio anche nei territori ove normalmente prestano la propria attività lavorativa.
Discorso analogo per gli agenti degli enti locali territoriali, come guardaparco, polizia provinciale e polizia provinciale: per queste figure c’è il divieto di andare a caccia nel territorio ove svolgono le proprie funzioni (parco, provincia, comune).
Le cose sembrano chiare eppure … c’è chi continua a fare il furbo: un tale comportamento è vietato dalla normativa nazionale (e dalle varie leggi regionali) e prevede due distinte fattispecie di illecito amministrativo. Per di più, una sentenza della Corte di Cassazione Civile (la n. 5538 del 13 aprile 2001) nell'argomentare le ragioni dell'incompatibilità tra il ruolo di cacciatore e la condizione di agente di polizia municipale fuori servizio, ha altresì affermato che ciò sussiste «a differenza di agenti appartenenti ad altri corpi, quali esemplificativamente quelli di Polizia di Stato o della Guardia di Finanza, ovvero i Carabinieri, per i quali il divieto opera comunque e dovunque, essendo gli stessi considerati dal legislatore sempre in servizio in qualsiasi parte del territorio dello Stato».
Bene: quest'ultimo assunto sembra porre in condizione di palese irregolarità amministrativa parecchie centinaia di agenti ed ufficiali della Polizia di Stato, CC, GdF, CFS o della Polizia Penitenziaria che di solito esercitano la caccia in qualche parte del territorio nazionale, in situazioni evidentemente non prese in considerazione dai rispettivi Comandi nel senso sopra proposto.
Queste considerazioni sono facilmente riscontrabili verificando i dati del rilascio delle licenze di porto di fucile per uso caccia, nonché attraverso le avvenute iscrizioni agli ambiti territoriali di caccia (ATC) o Comprensori Alpini di caccia (C.A.), note anche agli uffici caccia provinciali. Negli ultimi anni, inoltre, sono balzati agli onori della cronaca alcuni appartenenti a corpi di polizia statali per essere rimasti coinvolti in incidenti di caccia più o meno gravi.
Dunque: se la legge prevede un tale divieto, perché non viene applicato? E chi controlla il controllore? E chi provvede a sanzionare?
Come al solito, un paradosso all’italiana….