Natura et Ratio

giovedì, settembre 11, 2008

Un nuovo abitante nei Sibillini!








Ovvero...
...un raro esempio di buon funzionamento della pubblica amministrazione

Mercoledì 10 settembre, una data che sarà incorniciata nella storia recente del Parco nazionale dei Monti Sibillini e resterà impressa tra i ricordi più belli di chi quel giorno c’era.
Sveglia puntata alle 5.30, appuntamento alle prime luci dell’alba dalle parti di Ussita.
Destinazione: una sella panoramicissima, con l’occhio che spazia sulle vette più belle dei Sibillini.
Saremo circa una trentina di persone, tra volontari, tecnici e personale del Corpo Forestale dello Stato. Il clima che si respira è sereno e al contempo preoccupato: tutti sono consapevoli dell’evento storico che potrebbe avverarsi in questo giorno, un mercoledì qualsiasi di fine estate: nell’aria si sente una certa tensione, spezzata da qualche battutina e da pacche liberatorie sulle spalle. Si resta in attesa di una parola, una sola semplice parola, quella che attendono da qualche anno il direttore del Parco nazionale dei Monti Sibillini, Alfredo Fermanelli, e il biologo dell’Ente Parco, Alessandro Rossetti: “l’elicottero è decollato”.

L’attesa è lunga e il sole cocente: la Sesleria appenninica vira verso un giallo che annuncia l’arrivo dell’autunno e ospita per qualche ora una sessantina di scarponcini irrequieti. La notizia arriva via radio ed è il Dr. Nicolini, comandante del CTA della forestale, ad annunciarla: “l’elicottero è decollato”. Trasporta un carico piccolo ma prezioso: due esemplari di Camoscio appenninico (Rupricapra pyrenaica ornata), il più bel camoscio del mondo, che poseranno i loro zoccoli sulle praterie dei Sibillini dopo qualche millennio di assenza forzata.
Il progetto di reintroduzione di questo mammifero ungulato ricade nell’ambito della strategia nazionale di conservazione di una specie a rischio di estinzione, ridotta a una dozzina di individui nel primo dopoguerra a causa di una spietata caccia e ripresasi appena appena in tempo: nel corso degli anni si dovrebbero creare almeno cinque nuclei stabili, comprendenti il mitico Parco nazionale d’Abruzzo (area donatrice di questi primi esemplari), la Majella, il Gran Sasso-Laga, i Sibillini e il Sirente-Velino.

Un magico ritorno, come ricordano i primi manifesti beneaugurati stampati dall’Ente Parco e corroborati dalle due nascite avute nell’area faunistica di Bolognola dedicata al camoscio, dove circa tre anni fa è stata immessa una coppia. La felice vicenda di Maja e Libero è seguita quotidianamente da Fabrizio Franconi, laureando in Scienze Naturali, anch’egli in prima fila quel 10 settembre.
Ora lo posso dire e scrivere: io quel 10 settembre c’ero. Ed è stato bellissimo. Anche per constatare uno dei rari esempi in cui la pubblica amministrazione, nelle sue diverse articolazioni (Ministero dell’Ambiente, Università, Enti Parco, Corpo Forestale dello Stato, Comuni, ASUR,…) e in piena sintonia con le associazioni ambientaliste, ha funzionato ottimamente, pur nelle oggettive difficoltà legate al progetto di reintroduzione.

Grazie al Parco nazionale dei Monti Sibillini, grazie al Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, grazie ai ricercatori, grazie agli uomini e alle donne del CFS, grazie ai volontari.
Grazie a quelle splendide, magiche, timide, saltellanti, giovani femmine di Camoscio appenninico che nei prossimi giorni (incrociamo le dita) saranno raggiunte da altri consimili per costituire una prima, piccola, piccolissima, minima popolazione.


Corri camoscio, e riprenditi i tuoi crinali.
Corri camoscio, e ritrova le tue rocce.
Corri camoscio, e torna a popolare i Sibillini.
E adesso fermati camoscio, e osserva con circospezione questi pazzi esseri bipedi, così umani e così irrazionali, tanto sapienti e coscienziosi quanto impulsivi e distruttivi

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