Andare in montagna significa lasciare a casa le proprie certezze (…quelle poche che abbiamo!), per iniziare un duro, aspro e quasi sempre rinvigorente confronto con la natura, con noi stessi e con i nostri limiti (reali e non).
La montagna seleziona nel tempo specie animali e vegetali adatte ad ambienti estremi, dopve le condizioni possono mutare improvvisamente.
La montagna allena il fisico e anche la mente: pensare dove mettere il piede mentre si scende un pendio roccioso, valutare quale via di risalita sia la migliore, contemplare il paesaggio mozzafiato, affrontare eventi inattesi ed inaspettati che richiedono risposte efficienti in tempi rapidi.
Per la montagna servono competenze che si acquisiscono soprattutto con l’esperienza, utile per avvicinare e, a volte, superare i propri limiti e le difficoltà improvvise (nebbia, neve accumulatasi sul sentiero, perdita dell’orientamento, piccoli infortuni, fame, sete…).
Saper leggere una carta topografica, riconoscere un frutto edule, scegliere l’itinerario in base alle proprie condizioni fisiche e alla situazione meteorologica, saper rinunciare (…per poi tornare alla carica la volta seguente) arricchiscono il bagaglio culturale e spirituale di ciascuno di noi.
La montagna “chiama”, insegna e sa farsi rispettare. Lo sanno bene, da molto tempo prima di alpinisti ed escursionisti, i “montanari” (nativi e… di ritorno), il cui lavoro quotidiano è segnato dalla fatica, dalla conoscenza empirica e dal silenzioso rispetto per una natura… “amica ostile”.
Anche per questo è necessario che la montagna resti tale, senza troppe infrastrutture impattanti (impianti eolici, strade, nuove sciovie, ecc.) e libera dagli orpelli della società del (finto) benessere.
O no?
La montagna seleziona nel tempo specie animali e vegetali adatte ad ambienti estremi, dopve le condizioni possono mutare improvvisamente.
La montagna allena il fisico e anche la mente: pensare dove mettere il piede mentre si scende un pendio roccioso, valutare quale via di risalita sia la migliore, contemplare il paesaggio mozzafiato, affrontare eventi inattesi ed inaspettati che richiedono risposte efficienti in tempi rapidi.
Per la montagna servono competenze che si acquisiscono soprattutto con l’esperienza, utile per avvicinare e, a volte, superare i propri limiti e le difficoltà improvvise (nebbia, neve accumulatasi sul sentiero, perdita dell’orientamento, piccoli infortuni, fame, sete…).
Saper leggere una carta topografica, riconoscere un frutto edule, scegliere l’itinerario in base alle proprie condizioni fisiche e alla situazione meteorologica, saper rinunciare (…per poi tornare alla carica la volta seguente) arricchiscono il bagaglio culturale e spirituale di ciascuno di noi.
La montagna “chiama”, insegna e sa farsi rispettare. Lo sanno bene, da molto tempo prima di alpinisti ed escursionisti, i “montanari” (nativi e… di ritorno), il cui lavoro quotidiano è segnato dalla fatica, dalla conoscenza empirica e dal silenzioso rispetto per una natura… “amica ostile”.
Anche per questo è necessario che la montagna resti tale, senza troppe infrastrutture impattanti (impianti eolici, strade, nuove sciovie, ecc.) e libera dagli orpelli della società del (finto) benessere.
O no?
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