Natura et Ratio

domenica, settembre 06, 2020

Il Camoscio appenninico: una risorsa per il territorio montano, una specie ancora a rischio.

Poco più di 10 anni fa questa ed altre foto le avremmo scattate solo in Abruzzo. Ora, grazie al Parco Nazionale dei Monti Sibillini (con il progetto Life Coornata in primis), il "sogno" è diventato realtà anche qui da noi.

Il Camoscio appenninico, che ancora molti escursionisti scambiano per una "capra selvatica", è una specie endemica dell'Appennino ancora a rischio di estinzione. Nei Monti Sibillini, reintrodotto a partire dal 2008, siamo arrivati attorno ai 200 esemplari circa (aspettiamo il censimento autunnale per avere dati più precisi), mentre la popolazione complessiva - distribuita in pochi massicci appenninici compresi essenzialmente tra Marche e Abruzzo - è stimata in poco più di 3000 capi!

Se da un lato non si può non gioire per il successo dei progetti di reintroduzione, dall'altro non bisogna abbassare la guardia: "nuove" minacce di carattere globale incombono sulla sorte del camosci e in questo articolo viene messa in evidenza una delle gravissime conseguenze "locali" dei cambiamenti climatici in atto.

Giova ricordare, infine, che il camoscio è anche un vero e proprio volano - assieme alla cornice naturale in cui vive - per l'economia locale: basti pensare che nel Parco della Majella un'indagine pubblicata nel 2014 ha stimato in almeno 10.000 presenze/anno il flusso turistico riconducibile direttamente a questo animale. Se poi aggiungiamo il "richiamo" di altre specie simbolo, di boschi incontaminati, cascate e punti panoramici... possiamo ben capire l'importanza di coniugare la tutela degli ecosistemi montani con la valorizzazione economica dei beni naturalistici e paesaggistici del nostro Appennino.

Una sfida che non possiamo permetterci di perdere!


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lunedì, agosto 31, 2015

E il giorno del mio compleanno incontrai... lo Spettro di Brocken!

Chi o cos'è questo "Spettro di Brocken"?
Io l'ho incontrato qualche giorno fa mentre passeggiavo lungo un sentiero di montagna, nei miei amati Sibillini, curiosamente proprio nel giorno dei mio genetliaco :)
Qui a lato vedete la foto che racconta le fasi ravvicinate dell'incontro: un'ombra di un gigante, forse di un fantasma, con una chiara aureola colorata attorno al corpo... brrr...
Coincidenze e scherzi a parte, si tratta di un fenomeno ottico molto raro da osservare poiché occorrono una serie di condizioni meteo-ambientali concomitanti: occorre trovarsi su di un crinale o su di un'altura che presenta dalla parte opposta al Sole uno strato di nuvole composte da goccioline d'acqua con dimensioni uniformi; serve poi un angolo di visuale posto alla stessa altezza delle nuvole; la luce del Sole (prossimo al tramonto o poco dopo dell'alba), infine, deve provenire dalle spalle dell'osservatore.
La luce solare proietta sulle nuvole l'ombra del soggetto, che appare decisamente ingrandita rispetto al normale (questo perchè le nuvole in realtà sono molto più vicine di quanto non sembrino). C'è poi un contorno colorato dell'ombra (simile ad un arcobaleno circolare) e una sorta di "movimento" della proiezione, tanto da sembrare animata, dovuta al vento e al conseguente spostamento delle nubi.

Il fenomeno fisico, anche detto "gloria", prende il nome dalla montagna di Brocken (la più alta vetta delle montagne dell'Harz, in Germania), dove fu osservato e descritto in maniera scientifica per la prima volta.
Nell'antichità si pensava fosse un qualcosa legato a fantasmi e streghe, tanto da far nascere storie e leggende terrificanti ;)
Ad majora!

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mercoledì, luglio 23, 2014

Andare in montagna significa lasciare a casa le proprie certezze (…quelle poche che abbiamo!), per iniziare un duro, aspro e quasi sempre rinvigorente confronto con la natura, con noi stessi e con i nostri limiti (reali e non).
La montagna seleziona nel tempo specie animali e vegetali adatte ad ambienti estremi, dopve le condizioni possono mutare improvvisamente.
La montagna allena il fisico e anche la mente: pensare dove mettere il piede mentre si scende un pendio roccioso, valutare quale via di risalita sia la migliore, contemplare il paesaggio mozzafiato, affrontare eventi inattesi ed inaspettati che richiedono risposte efficienti in tempi rapidi.
Per la montagna servono competenze che si acquisiscono soprattutto con l’esperienza, utile per avvicinare e, a volte, superare i propri limiti e le difficoltà improvvise (nebbia, neve accumulatasi sul sentiero, perdita dell’orientamento, piccoli infortuni, fame, sete…).
Saper leggere una carta topografica, riconoscere un frutto edule, scegliere l’itinerario in base alle proprie condizioni fisiche e alla situazione meteorologica, saper rinunciare (…per poi tornare alla carica la volta seguente) arricchiscono il bagaglio culturale e spirituale di ciascuno di noi.
La montagna “chiama”, insegna e sa farsi rispettare. Lo sanno bene, da molto tempo prima di alpinisti ed escursionisti, i “montanari” (nativi e… di ritorno), il cui lavoro quotidiano è segnato dalla fatica, dalla conoscenza empirica e dal silenzioso rispetto per una natura… “amica ostile”.
Anche per questo è necessario che la montagna resti tale, senza troppe infrastrutture impattanti (impianti eolici, strade, nuove sciovie, ecc.) e libera dagli orpelli della società del (finto) benessere.
O no?

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lunedì, febbraio 24, 2014

"Quanto monotona sarebbe la faccia della Terra senza le montagne"

La bellissima citazione (di Immanuel Kant, NdR) ci introduce ad un tema a me molto caro: la montagna. Viverla nei suoi molteplici aspetti arricchisce non solo l'anima ma anche il cervello.
Conoscere i luoghi, forgiati dal tempo geologico e dalla (più recente) mano dell'uomo, significa anche trovare le nostre radici, confrontarci con i nostri limiti, capire gli errori (e gli orrori perpetrati alla natura) e percorrere la strada dell'eco-turismo di qualità.
D'altra parte la montagna non è "solo" natura, aria pura e romanticismo, come può sembrare a chi la frequenta lasciando il bozzolo di acciaio e cemento della città durante il fine settimana. E non è neanche "terra di nessuno", come pensa chi - munito di cestino - si improvvisa raccoglitore di questo o quel frutto di bosco: oltre a scoiattoli, martore, cervi e lupi, boschi e pascoli sono il luogo di lavoro e di vita degli ultimi "montanari", soprattutto di quelli che usano la sapienza del passato con le moderne tecnologie senza distruggere né danneggiare, applicando cioè quel buonsenso che oggi sembra mancare in qualsiasi livello della nostra pazza società del benessere.
Quindi, cari escursionisti e turisti dell'antropocene, siete i benvenuti in montagna ma... imparate a conoscerla, a partire da chi - umano e non - vi abita.

Per chi vuole approfondire l'aspetto legato al famoso detto "mens sana in corpore sano", eccovi un bel link ad un articolo che sottolinea i molteplici benefici del camminare in montagna.
Ad majora!

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