Natura et Ratio

mercoledì, aprile 29, 2009

Quanto cosa un Parco Nazionale?



Ci sono settori della pubblica amministrazione che, a fronte di costi fissi per personale & progetti, producono beni e servizi di difficile quantificazione.

Un bosco che valore (ecologico, economico, sociale, naturalistico, ...) può avere? E che "servizi" (legname, ossigeno, effetto-filtro, prodotti del sottobosco, tutela idrogeologica, mantenimento habitat e specie, ...) offre?

Insomma, la gestione delle principali aree di interesse naturalistico in Italia, affidata a Parchi, Riserve e Oasi di vario tipo, è "solo" un costo (come dimostrano i bilanci di un qualsiasi ente gestore di un'area protetta), oppure, considerando l'insieme dei servizi ecosistemici e dei beni "immateriali" prodotti... si va in pareggio o addirittura si può parlare di "avanzo di gestione"?


Ci sono studi e ricerche recentissime e di grande interesse che valutano in maniera più approfondita gli aspetti socio-economici di un'area protetta, quello che purtroppo ogni anno sentiamo è che lo Stato deve ... tagliare fondi qua e la, in maniera generalizzata, senza tenere nella dovuta considerazione le complessità e le specificità di un'ente gestore di un'area protetta.


Dal sito http://www.dolomitipark.it/ riporto uno stralcio di quanto accade in Italia.

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In questi giorni il Parlamento sta discutendo la ripartizione degli stanziamenti 2009 a favore delle Amministrazioni e dei progetti che si occupano di difesa della natura.
Ai Parchi Nazionali, alle Riserve Naturali dello Stato e alle attività previste dalle Convenzioni internazionali per la tutela della natura (quella di Rio sulla biodiversità, quella di Bonn per la tutela delle specie migratorie e la CITES, che impedisce il commercio internazionale di flora e fauna in via di estinzione) sono destinati poco più di 56 milioni di euro.
Rispetto al 2008 (stanziamento di quasi 64 milioni di euro), le risorse sono state ridotte di oltre 7,5 milioni di euro (pari a quasi il 12% del totale)..

Ai 23 Parchi Nazionali lo Stato destinerà, nel 2009, meno di 52 milioni di euro: quanto il costo di un chilometro della variante di valico Bologna - Firenze.


Alle 23 “perle” del Bel Paese, che includono i borghi a picco sul mare delle Cinque Terre, gli stambecchi del Gran Paradiso, le foreste della Sila, le scogliere del Gargano, le vette delle Dolomiti Bellunesi, i ghiacciai dello Stelvio, il mare della Maddalena e dell’Asinara, gli orsi d’Abruzzo (e molto altro) si destinano gli stessi soldi di 1..000 metri di asfalto. Tutto si potrà dire dei Parchi Nazionali, ma non che siano una spesa rilevante per lo Stato.
A ciascun Parco Nazionale viene assegnata una quota fissa (destinata a coprire le spese per il personale, l’attività di sorveglianza compiuta dal Corpo Forestale dello Stato, le spese postali, le bollette, le manutenzioni ordinarie, gli indennizzi per i danni da fauna selvatica) e una quota variabile.
I costi fissi per il funzionamento dei Parchi Nazionali ammontano a meno di 39 milioni di euro. Gli altri 11,5 milioni sono ripartiti in base a tre criteri: la complessità territoriale, quella amministrativa e l’efficienza nella gestione.
La prima è valutata in base alla superficie e alle caratteristiche geografiche del territorio.
La seconda è “misurata” da parametri quali il numero dei Comuni inclusi in tutto o in parte nel Parco e il numero di abitanti all’interno dei confini.
L’efficienza di gestione è valutata in base alla presenza degli strumenti di pianificazione, al conseguimento della registrazione ambientale europea EMAS e alla capacità di spesa degli enti di gestione.

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Ciò detto, concludo con l'amara constatazione che nel Parco nazionale dei Monti Sibillini... i funzionali centri-visita (chiamate "case del Parco") gestiti da cooperative di giovani del posto, a causa dei tagli attuali e delle previsioni tutt'altro che rosee per il futuro prossimo, sono bloccati e... desolatamente chiusi (con l'eccezione di Fiastra e Arquata del Tronto), in attesa di non precisate indicazioni ministeriali....

Insomma, quanto fatto fino ad oggi in termini di valorizzazione turistica sostenibile del territorio montano rischia di essere distrutto per sempre.

Ad majora!


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venerdì, aprile 24, 2009

Quanto vale la salute dei cittadini e la salubrità dell'ambiente a Falconara?

Falconara Marittima ha una risorsa (?) e un problema (!) che prende il nome di "raffineria".
In questi ultimi anni sono stati incrementati i monitoraggi ambientali, epidemiologici e sanitari, per capire cosa, come, dove e quanto questa industria può incidere sulla salute dei cittadini (e dell'ambiente).
Bene, anzi, male: gli ultimi dati raccolti parlano chiaro. Ma facciamo "parlare" il dott. Andrea Micheli (ricercatore dell'Istituto Nazionale Tumori di Milano) che, nel corso della trasmissione Punti di Vista, andata in onda su èTV del Venerdì 30 gennaio 2009, affermava queste cose:

<<...Il risultato è che abbiamo osservato una tendenza molto evidente rispetto al fatto che la componente femminile di questo Studio è più a rischio in funzione del tempo della vicinanza alla fabbrica.
Nel Rapporto che abbiamo consegnato oggi (ndr: 30 Gennaio 2009) si è ulteriormente approfondita la tendenza di maggior rischio di mortalità sulla componente femminile, consentendo di individuare dati statisticamente significativi per il sottogruppo di popolazione che per più tempo - ad esempio 10 anni - è stato costretto dalle condizioni di vita e lavorative a stare in casa (casalinghe, disoccupati in genere, pensionati). Si è visto che più si risiede in modo stanziale nelle vicinanze della raffineria e più si è esposti al rischio di mortalità per leucemie; per questo sottogruppo di popolazione quindi, non si parla più solo di un rischio certo da quantificare bensì di un dato anche statisticamente significativo.Nel senso che quando si va ad analizzare sottogruppi della popolazione si osservano come i rischi che noi avevamo indicato come qualitativamente presenti anche nel primo rapporto fossero reali
...>>.

La dirigenza della raffineria "non ci sta" e vuole precisare con questa lettera.
Lascio a voi qualsiasi commento in merito e vi giro volentieri la "replica" del comitato di cittadini che si batte (...per quanto ancora, visti i bavagli legali e amministrativi che il nostro Governo sta subdolamente predisponendo? qui il testo della pdl) per la salute. Un diritto di serie "B", in Italia.


Da: news@comitati-cittadini.org

Ecco la lettera aperta che ci siamo sentiti di inviare, inisieme agli altri soggetti e comitati coinvolti nello studio, per solidarità agli epidemiologi dell'istituto nazionale tumori di Milano e ai tecnici Arpam dopo l'attaco e la deligittimazione della Società petrolifera API.
Vi ringraziamo per il preziosissimo lavoro scientifico svolto per tutta la comunità e desideriamo esprimere la nostra solidarietà ed il nostro incondizionato sostegno di fronte all'inaudito tentativo di screditamento.

LETTERA APERTA AGLI EPIDEMIOLOGI DELL'ISTITUO NAZIONALE TUMORI di Milano e dell'ARPA Marche

"Stimatissimi Epidemiologi,
nel ringraziarVi per il preziosissimo lavoro scientifico svolto per tutta la comunità, desideriamo anche esprimerVi la nostra solidarietà ed il nostro incondizionato sostegno di fronte all'inaudito tentativo di screditamento perpetrato dalla lettera dell'AD della Società petrolifera API, Ing. Giancarlo Cogliati, che fa paio con quello, isolato imbarazzante e sgangherato, del Neosindaco Brandoni, immediatamente successivo alla presentazione ufficiale dell'Indagine epidemiologica ai cittadini di Falconara M.ma il 18 dicembre 2008.
L'indipendenza, la trasparenza e la compartecipazione con cui avete preceduto e condotto questa Indagine Epidemiologica sulle popolazioni di Falconara Marittima, Chiaravalle e Montemarciano è risaltata anche nell'aver attivato insieme alla Regione Marche un organismo partecipativo che ha incluso i rappresentanti della popolazione interessata - il Comitato di Partecipazione Attiva regionale - in maniera che esso fosse da referente, insieme alle Amministrazioni comunali interessate, per la valutazione dei risultati dell'Indagine e le decisioni conseguenti.
Tutto questo che apprezziamo profondamente nobilita la democrazia ed il rapporto costante ed indispensabile tra lo scienziato e la popolazione analizzata.
La lettera con cui l'AD della Società API ha attaccato pubblicamente l'Indagine Epidemiologica che ha verificato i rischi di LEUCEMIA e TUMORI EMOLINFOPOIETICI per la salute dei residenti di Falconara Marittima, Chiaravalle e Montemarciano in realtà rivela quanto sia importante il risultato conoscitivo ottenuto dall'Indagine.
Per i cittadini, le loro associazioni e i comitati, dopo anni di lotte, l'Indagine rappresenta uno strumento formidabile di conoscenza sul bene più prezioso per tutti: LA SALUTE!
Siamo allibiti che l'Indagine Epidemiologica da Voi eseguita sia stata recepita dalla Società API come una minaccia a se stessa tanto da indurre l'AD Cogliati a tentare di screditarne le conclusioni scientifiche!
L'arroganza e la pretestuosità delle affermazioni dell'AD della Società API ci indignano vieppiù perché calpestano la nostra salute, il diritto alla sua tutela e il nostro diritto alla conoscenza!
Piuttosto che tentare di controllare anche la salute della popolazione che non è alle loro dipendenze, i Dirigenti dell'API dovrebbero da subito dare la massima disponibilità a collaborare con l'Istituto Nazionale Tumori e l'ARPA Marche per un approfondito Studio occupazionale sui lavoratori, Studio chiesto già dal 2004 da 3.500 falconaresi - non dipendenti della Società API - con la Petizione Popolare sottoscritta da cui, successivamente, è scaturita l'Indagine Epidemiologica dell'equipe del Dott. Micheli e del Dott. Mariottini.

Grazie e cordialissimi saluti

giovedì, aprile 16, 2009

Sul disegno di legge che mette il bavaglio definitivo a chi cerca di difendere l'ambiente e la salute pubblica

Vi riporto un interessante contributo del prof. Giorgio Nebbia su di un argomento di estrema attualità che non ha "spazio", guarda caso, sui mass-media nazionali
(fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 14 aprile 2009)

Sulla protesta
di Giorgio Nebbia (nebbia@quipo.it)


Si racconta che in tempi antichi il principe incoraggiasse, o addirittura pagasse, l'opposizione perché sapeva, lui che era un principe saggio, che era opportuno che ci fosse qualcuno che lo avvertisse quando compiva degli errori.

A questo pensavano coloro, ed io fra questi, che sostennero l'opportunità della presenza, nell'ambito del Ministero dell'ambiente istituito dal primo governo Craxi, di una sede in cui potessero far sentire la loro voce le associazioni ambientaliste, che da molti anni esercitavano una attiva e critica contestazione delle azioni che compromettevano l'ambiente, la natura e la salute.
Nella legge 349 del luglio 1986, che istituiva tale nuovo Ministero, fu inserito un articolo 13 che stabiliva che le associazioni ambientaliste qualificate per la loro attività e per la presenza nel territorio, facessero parte del consiglio nazionale dell'ambiente.
All'articolo 18 di tale legge era stabilito che le associazioni riconosciute potevano intervenire nelle denuncie dei fatti lesivi dell'ambiente e potevano fermarli anche ricorrendo ai tribunali amministrativi regionali (TAR).

Per comprendere l'importanza di questa pur parziale conquista va ricordato che era stata la contestazione ecologica a denunciare, dagli anni sessanta del Novecento in avanti, gli inquinamenti dell'aria, delle acque e del mare, le fabbriche inquinanti, l'abuso dei pesticidi e dei detersivi non biodegradabili, a fermare opere giustamente ritenute e rivelatesi nocive, come centrali elettriche, raffinerie di petrolio, centrali nucleari, stabilimenti petrolchimici, fabbriche di bioproteine, depositi di scorie radioattive, eccetera.
Questa protesta aveva così salvato centinaia di migliaia di vite umane che altrimenti sarebbero state compromesse da agenti tossici, radioattivi, cancerogeni. Protesta sgradevolissima per molti imprenditori, per amministratori pubblici e per lo stesso governo che hanno spesso ridicolizzato e cercato di mettere a tacere questi "disturbatori".

Col passare degli anni la contestazione si è affievolita e sono avanzate energicamente le politiche ispirate a togliere vincoli alle imprese, agli inquinatori e speculatori; così la legge 186 è stata, a varie riprese, svuotata di molti contenuti nel 2001 e, soprattutto, col cosiddetto testo unico sull'ambiente del 2006.
Poco dopo un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (alla fine del mandato del II governo Prodi) datato 8 aprile 2008 stabiliva che potevano essere coperti dal segreto di stato gli impianti civili per produzione di energia ed altre infrastrutture "critiche" e che nei luoghi coperti da segreto di stato le funzioni di controllo ordinariamente svolte dalle aziende sanitarie locali e dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco sarebbero state svolte da autonomi uffici.
Il che significa che, per decisione del Presidente del Consiglio, un inceneritore avrebbe potuto essere considerato infrastruttura "critica" e quindi coperto dal segreto di stato e che i controlli sulle esecuzioni e sulle emissioni di fumi inquinanti avrebbero potuto essere demandati alle forze armate e i risultati resi inaccessibili alle popolazioni interessate.

Più recentemente, nel gennaio 2009, la legge 28 gennaio 2009 n. 2 all'articolo 2 prevede che per le opere pubbliche ritenute prioritarie per lo sviluppo economico del territorio possono essere nominati commissari straordinari con poteri sostitutivi delle amministrazioni interessate.Ma neanche questo bastava per mettere a tacere l'opposizione ecologica che anzi si è fatta più vivace nella protesta contro un numero crescente di nuove iniziative, dalle discariche di rifiuti, agli inceneritori, sia pure ribattezzati eufemisticamente termovalorizzatori, a nuove fabbriche inquinanti.
La protesta nel nome della salute e dell'ambiente ha utilizzato allora l'ultima possibilità rimasta dalla legge originale, il ricorso ai TAR che talvolta hanno ritenuto fondate le denunce delle associazioni e dei movimenti di difesa dell'ambiente.
Per mettere ulteriormente il bavaglio all'opposizione il 10 marzo 2009 un gruppo di 134 deputati ha depositato alla Camera un disegno di legge che toglie anche questo diritto di protesta.
Secondo i proponenti molte associazioni ricorrono ai TAR per far sospendere opere pubbliche e private, ritenute dannose per l'ambiente e la salute, con motivazioni "pretestuose"o per "egoismo territoriale", per non volere vicino casa propria una centrale o un inceneritore che potrebbe danneggiare piccoli interessi locali, egoistici, appunto. Se la protesta è ritenuta non motivata l'associazione è punita ai sensi del codice civile con le sanzioni previste per chi agisce con malafede o colpa grave. Se è ritenuta motivata le opere vanno avanti lo stesso e l'associazione sarà indennizzata.

Quale giudice stabilirà se la protesta contro un inceneritore che potrebbe causare danni alla salute fra anni, è pretestuosa e fatta in malafede ? Erano pretestuose le proteste contro la cava di amianto che avrebbe causato centinaia di tumori ai lavoratori e alle popolazioni vicine, ma solo dieci o venti anni dopo ? Con il nuovo disegno di legge nessuno potrebbe fermare la costruzione di una strada in zona franosa o che altera la circolazione delle acque, la costruzione di edifici destinati a crollare al primo terremoto.
Un Parlamento e un governo che avessero a cuore l'interesse del paese, il "bonum publicum", dovrebbero incoraggiare e ascoltare la protesta di chi, talvolta proprio perché vive in un territorio e ne conosce caratteri e vincoli, chiede di "non fare" opere o interventi che possono danneggiare l'ambiente e la salute.
E' certo che occorre costruire strade e fabbriche e merci, perché questo risolve problemi umani, aiuta a unire paesi lontani, a rendere migliore la vita e talvolta l'ambiente e la salute, ma occorre vigilare perché molte opere e interventi nascondono delle trappole da cui è poi difficile uscire.


A mio modesto parere la contestazione ecologica è come il gallo sul tetto: vede le prime luci dell'alba del giorno che sorge --- il sorgere di nuove attenzioni e nuovi diritti civili --- e canta e sveglia chi dorme nella casa e che è disturbato perché vorrebbe continuare a dormire.
Quanto più si cerca di soffocare la protesta, tanto più vivace si fa questa protesta che alla fine vince quando è in gioco il diritto alla vita e alla salute.