Natura et Ratio

lunedì, ottobre 29, 2007

Boschi dell’Appennino in autunno: un meraviglioso caleidoscopio di colori






L’autunno è una stagione veramente eccezionale, forse meno stupefacente della primavera, ma non per questo meno interessante e coinvolgente. Soprattutto per chi, abitando in città o lavorando al chiuso, non ha la possibilità di guardare con occhio attento il passare del tempo da un punto di vista del tutto particolare: quello del bosco, che giorno dopo giorno regala colori autunnali inaspettatamente vivaci e carichi di messaggi caldi ed energici per i nostri occhi e per il nostro spirito.
Approfittate di una giornata di sole, o anche di una umida mattinata grigio-nebbia, per andare a fare una breve passeggiata in un bosco dell’Appennino. Portate con voi chiunque voglia condividere questa esperienza, perché la magia e l’incanto di un querceto o di una faggeta in habitus pre-invernale è un qualcosa di unico e di straordinario che vi colpirà senza fretta: si respira odore di terra e di muschio, in un magnifico caleidoscopio di colori che non potranno essere mai descritti compiutamente né immortalati con foto o disegni. In questo periodo ciò che più colpisce lo sguardo di un qualsiasi escursionista, dal camminatore frettoloso al tranquillo viandante, è senz’altro il rosso acceso dello scotano, un arbusto che riesce sempre a stupire, stagione dopo stagione. Macchie di colore così intenso e così forti che tutto il resto sembra scomparire, ma basta spostare lo sguardo qualche metro più in là ed ecco un giovane orniello con le foglioline violacee accostarsi timidamente al giallo acceso di un acero campestre dall’elegante e ampia chioma. E che dire del colori bruno-beige-giallastro che vanno ad assumere le foglie del carpino, del sorbo, del faggio, della roverella, del biancospino, con sfumature, tonalità, gradazioni e successioni diverse tra una pianta e l’altra ?
Altri passi, altri colori, altre sorprese, altre emozioni. Sensazioni che possono essere fatte nostre solo e soltanto se saremo capaci di guardare e di vivere il bosco con i nostri occhi.
Provare per credere…


PS: a volte capita che la magia e l’incanto tendano a svanire sotto i colpi di eroici cacciatori intenti ad abbattere inermi animali del bosco. Se volete evitare questi incontri idilliaci è bene scegliere un itinerario che ci porti in uno dei parchi regionali o nazionali che punteggiano un Appennino da scoprire, da amare e da difendere con tutte le nostre forze.

domenica, ottobre 28, 2007

C’è “ambientalismo” e… “ambientalismo” ?


Brevi riflessioni pseudoparanoiche sul cosa può significare essere “ambientalista”, oggi.


Se provate a sfogliare un vocabolario della lingua italiana di una ventina di anni fa nel tentativo di trovare una definizione del termine “ambientalista” (o di “ambientalismo”), quasi certamente non troverete nulla. E’ quello che casualmente è successo a me in questi giorni.
I movimenti nati in Italia per la difesa della natura (intesa in senso lato) affondano le loro radici storiche nell’immediato dopo-guerra, a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso: Pro-Natura (www.pro-natura.it) e WWF (www.wwf.it) hanno avuto il merito di gettare le basi del cosiddetto “protezionismo ambientale”, lanciando le prime campagne divulgative per la conservazione di specie simbolo (lupo, orso, foca monaca, ecc.) che hanno avuto un primo importante risalto mediatico, coinvolgendo dapprima pochi sparuti sostenitori per poi arrivare, ai giorni nostri, a centinaia di migliaia di persone.

Cosa vuol dire essere ambientalista? Perché si sentiva e si sente tuttora l’esigenza di difendere la natura? E, soprattutto, contro chi o che cosa dovrebbe essere protetta?
Si potrebbe disquisire a lungo, filosofeggiando all’infinito su motivazioni, obiettivi, modalità (tutte più o meno opinabili e più o meno condivisibili), magari citando o interpretando il pensiero di personaggi autorevoli. Io vorrei portare la riflessione, invece, su un altro terreno: chi sono gli ambientalisti di oggi e cosa fanno per la tutela della natura?
Schematizzando al massimo (scusatemi per eventuali accorpamenti più o meno azzardati) potrei dire che esistono almeno 5 gruppi più o meno omogenei:

- AMBIENTALISTI RADICALI: sono quelli (pochi) che non cedono a compromessi e che lottano per affermare – anche a costo di sacrifici enormi – valori e ideali puri, che si scontrano con la dura realtà di tutti i giorni. Estremisti, no-global, eco-pacifisti… le definizioni e le classificazioni si sprecano, ma quando si tratta di approfondire con loro il perché di una visione che forse così radicale non è, ma anzi, magari è solo buonsenso e precauzione… non c’è mai tempo né modo. Perché oggi ci hanno inculcato nella mente che non si parla con chi ha la patente di estremista, nemmeno se ha un briciolo di ragione.

- AMBIENTALISTI D’ASSALTO: divenuti famosi grazie alle azioni arrembanti e intrepide in stile Greenpeace (www.greenpeace.org), si sentono e si vedono un paio di volte all’anno generalmente su tematiche di interesse globale. Ma poi tornano nell’ombra e, nel frattempo, le loro associazioni prendono posizioni tutt’altro che ambientaliste…. (vedasi il caso della stessa Greenpeace, impegnata a sostenere le fonti rinnovabili senza se e senza ma, anche a discapito di ZPS, specie di interesse comunitario, paesaggio, ecc.).

- AMBIENTALISTI DI FACCIATA O DI CIRCOSTANZA: anche detti “banderuole”, per la caratteristica di sventolare il proprio vessillo ora per l’una, ora per l’altra parte maggioritaria (uno po’ dove tira il vento e dove si sente odore di clientelarismo). Una strategia mutuata probabilmente dalla parte peggiore della politica italiana, che poi ricambia generosamente con poltrone e incarichi (…è forse il caso di Legambiente e dei vari personaggi che si sono affacciati o si affacciano alla politica?). Si tratta – a mio parere – della forma peggiore di ambientalista odierno, il cosiddetto “Yes-Men”, quello che riesce a giustificare tutto, dal bracconaggio all’incenerimento virtuoso dei rifiuti. Perché una volta inquadrato nel ruolo, perde la propria libertà intellettuale e diventa ogni giorno sempre meno coerente…

- AMBIENTALISTI “FAI DA TE”: comitati, gruppi e circoli locali che si costituiscono per combattere contro un problema nato sotto casa e del quale, fino al giorno prima che arrivasse nel proprio giardino, nessuno si era mai interessato. La maggior parte implode ancor prima di iniziare la battaglia (succede quando la sensibilità ambientale dei vari membri è pressoché nulla), mentre altre realtà riescono ad evolvere passando dalla dimensione esclusivamente localistica a qualcosa di più strutturato e organizzato, facendosi sentire a livello regionale e nazionale, proponendo iniziative che travalicano i confini della sindrome “NIMBY” e solidarizzando con chi si trova a lottare contro la spregiudicata multinazionale o la sordo-cieca Amministrazione pubblica di turno.
Succede anche che alcuni ambientalisti-fai-da-te si specializzino su una o due tematiche (es: rifiuti, acqua), senza fregarsene di tutto il resto…

- AMBIENTALISTI INVISIBILI: è tutto il mondo dei soci delle varie associazioni che non sono attivisti, non partecipano alle riunioni, non firmano le petizioni, non scendono in piazza, non seguono le battaglie se non quelle che li riguardano in prima persona e dalle quali possono avere un qualche tornaconto, ma fanno numero e rendono felici i rispettivi Presidenti. Perché? Bè, pagano la quota associativa e, di fatto, danno fiducia ai loro rappresentanti che forse nemmeno conoscono…(mi ricorda tanto la storia della partitocrazia italiana e dei “soliti noti” che ci mal-governano da decenni, mah...)

Ora, credo che anche nel mondo dell’ambientalismo in questi primi 40 anni di “vita” si è assistito ad una sorta di evoluzione simil-darwiniana che ha portato i più “furbi” (leggasi ambientalisti ammanicati alle lobbies di potere) verso posizioni di prestigio e di grande influenza, mentre i più “deboli” (ovvero chi è rimasto “duro e puro” senza scendere a compromessi imbarazzanti) sono relegati ai margini, tacciati di radicalismo estremo e dipinti come i “talebani” di turno, spesso anche malmenati dallo Stato. Ma c’è anche chi non è riuscito a cambiare la bandiera in tempo, e cerca di recuperare il tempo perduto utilizzando tecniche sopraffine di “ruffianamento interessato”
Oggi si cerca in tutti i modi – e i mass-media in questo hanno grosse colpe, visto che estremizzano qualsiasi cosa senza mai approfondire – di far passare la svilente e semplicistica linea dell’ambientalismo del SI, vincente e migliore rispetto a quelli che dicono sempre e solo NO (come nei recenti casi dei No-Tav, della rete dei cittadini contrari agli inceneritori, ecc.).
Quello che non passa, in realtà, è il messaggio che sta dietro ad ogni vera “battaglia” in difesa dell’ambiente e della salute, perché è estremamente riduttivo e pericoloso ricondurre ogni situazione ad una semplice sfida tra “favorevoli” e “contrari”. Dietro alle proteste per l’ennesima cava, per il centesimo tremovalorizzatore, per la salvaguardia di uno stagno, per la tutela della salute, per l’immissione di OGM, non ci sono interessi personalistici o speculazioni a vantaggio di questa o quella lobbies. C’è la tutela di valori diffusi, di beni e risorse essenziali per la vita dell’uomo e delle altre creature che popolano la Terra. C’è la voglia di improntare le scelte quotidiane verso stili di vita più semplici, verso la decrescita, la sobrietà, l’equità, il rispetto. C’è la tutela della natura, ovvero della nostra casa, contro gli interessi di pochi, forti e potenti giocolieri bravi a manipolare le informazioni, a imbrogliare i cittadini, a gabellare falsità di ogni tipo e a comprare politici e amministratori. Compito oggi di gran lunga facilitato grazie al prezioso aiuto dell’esercito, sempre più numeroso e scodinzolante, degli ambientalisti di facciata in cerca di nuove poltrone.

Spero di aver scritto solo fandonie, di essermi sbagliato, di essere ancora immerso in un incubo dal quale mi dovrò, prima o poi, svegliare. Lo spero vivamente, ma non tanto per me … quanto per chi verrà dopo di noi e si accorgerà che fiumi e sorgenti sono inquinati, montagne e colline sono piene di buchi, valli e pianure sono ricoperte di capannoni industriali ed aree urbane avvolte nella cortina impenetrabile dello smog, animali e piante sono rimasti negli zoo e negli acquari.
Non ho trovato risposte alle domande che mi ponevo all’inizio, ma non le ho nemmeno cercate. Non c’era bisogno, visto lo squallore dell’ambientalismo di oggi. Ah, se si potesse “resettare” alla Beppe Grillo, fare una bella pulizia e ricominciare con quelle poche persone lungimiranti, coerenti, vere e oneste…

mercoledì, ottobre 24, 2007

L'INFS COSTRETTA AL BLOCCO !!!

Ozzano dell'Emilia, 22 ottobre 2007

C O M U N I C A T O S T A M P A
DIMISSIONI DEL DIRETTORE DELL'ISTITUTO NAZIONALE FAUNA SELVATICA - BLOCCO DI TUTTE LE ATTIVITÀ


Il Direttore dell'INFS, Silvano Toso, ha rassegnato le dimissioni dall'incarico, con conseguente blocco del pagamento degli stipendi al personale (sia dipendente sia precario), dei fornitori, e di ogni altra attività di consulenza e di ricerca dell'Istituto.Questa decisione è dovuta alla drammatica situazione finanziaria dell'ente ed alla ridotta funzionalità del CDA.L'attuale finanziamento dell'INFS copre solo l'80% degli stipendi e l'Ente ha accumulato un insostenibile debito con le banche per la mancata erogazione dei fondi degli anni scorsi. Il CDA dell'INFS, nominato durante la precedente legislatura, risulta oggi illegittimo per la mancanza del numero minimo di consiglieri. L'attuale Presidente e questo Consiglio non sono stati in grado di risolvere i gravissimi problemi che da anni affliggono l'Ente. L'On. Alfonso Pecoraro Scanio, Ministro dell'Ambiente, durante una recente visita presso l'INFS, aveva dichiarato la volontà di supportare, sia economicamente sia funzionalmente, l'Istituto. Il blocco delle attività dell'Ente comporta gravi conseguenze in materia di conservazione della natura, controllo dei danni all'agricoltura, caccia, ecc. Inoltre aumenta il rischio di pesanti sanzioni economiche all'Italia da parte dell'UE (attualmente l'Italia è oggetto di 15 procedure di infrazione in campo faunistico-ambientale). I dipendenti dell'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica appoggiano pienamente la decisione del Direttore e chiedono al Ministro dell'Ambiente di mantenere la parola data personalmente, di rinnovare completamente il Consiglio d'Amministrazione e di fornire all'INFS il supporto finanziario necessario per svolgere i compiti che la legge italiana affida all'Istituto.

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L’INFS (www.infs.it) è la più importante struttura scientifica pubblica, efficiente e professionale (….e per questo indipendente!) che abbiamo in Italia in ambito faunistico. Da troppi considerata “scomoda”….

C’è da aggiungere altro? Mi sembra di aver abusato del termine “vergogna” fin troppe volte: la briciola di fiducia che poteva essere rimasta in un elettore di centrosinistra è stata consumata dall’inedia….
E pensare che il ministro Contro l’Ambiente del passato governo Berlusconi (tal Altero Matteoli, AN) aveva definito l’INFS “un covo di verdi”.

domenica, ottobre 21, 2007

... quando la differenziata non fa la differenza ...




Ostra Vetere, 21 ottobre 2007

Al Sig. Sindaco
Comune di Ostra Vetere

Alla Polizia Municipale
Comune di Ostra Vetere

Al CIR 33
- Jesi -

All’ASUR – Z.T. n. 4
Dipartimento di Prevenzione
- Senigallia -

Al Presidente della
Provincia di Ancona

All’Assessore all’Ambiente della
Provincia di Ancona



Oggetto: ramaglie, rifiuti ingombranti e carcasse di animali nei contenitori per l’indifferenziato ad Ostra Vetere

Allego a questa mia breve nota due eloquenti immagini, scattate rispettivamente il 15 settembre e il 21 ottobre 2007 ad Ostra Vetere, che testimoniano lo stato in cui versano i contenitori per i rifiuti indifferenziati ubicati nel territorio comunale. Ramaglie e scarti di potature, rifiuti ingombranti (sedie, materassi, secchi di vernici, ecc.), sacchetti contenenti bottiglie di plastica, vetro, carta e perfino carcasse di animali (come nel caso del gatto della foto) riempiono di settimana in settimana i cassonetti destinati alla raccolta dei rifiuti non riciclabili.
Cosa comporta tutto questo? Ulteriori oneri a carico di noi cittadini, perché per colpa di persone incivili e poco informate finiscono in discarica materiali recuperabili, e notevoli problematiche ambientali nel prossimo futuro, dato che la discarica di appoggio rischia di esaurirsi prima del tempo con materiali che potevano essere invece riciclati.
Come più volte sottolineato, sia in occasione degli incontri divulgativi organizzati dal CIR33 sia con lettere inviate al Sig. Sindaco, il nuovo sistema di raccolta dei rifiuti “porta a porta” deve essere esteso anche alle zone di campagna: occorre eliminare i cassonetti stradali per l’indifferenziato e consegnare ad ogni famiglia i rispettivi contenitori da esporre solo quando è necessario lo svuotamento, con conseguente calcolo della tassa-tariffa in base al quantitativo di rifiuti effettivamente riciclati da ciascun nucleo familiare.
E adesso, caro Sig. Sindaco, non mi venga ancora a raccontare la solita storiella dei controlli che sono e saranno severi e capillari, perché a tutt’oggi – nonostante i suoi temibili proclami urbi et orbi – non è stata elevata una sola sanzione amministrativa per conferimento errato di rifiuti. E questa vergognosa situazione è sotto gli occhi di tutti, cittadini e amministratori, tutti i santi giorni.

Dr. David Fiacchini
Ostra Vetere (AN)

mercoledì, ottobre 03, 2007

NO ALL'EOLICO SELVAGGIO!



COMITATO LIBERI ORIZZONTI Marche-Umbria
WWF Marche
LIPU Marche
MOUNTAIN WILDERNESS Italia

FEDERAZIONE PRONATURA - Coordinamento regionale Marche
CAI Marche – Commissione Regionale TAM
LA LUPUS IN FABULA onlus




Eolico selvaggio: scarsi benefici e molti danni per l’ambiente regionale.
Le Associazioni ambientaliste nelle Marche unite per dire NO all'eolico industriale e selvaggio in zone montane di interesse naturalistico e paesaggistico!



Nei prossimi mesi potremmo assistere ad uno dei più gravi attacchi degli ultimi decenni inferti alla natura e al paesaggio delle Marche. Sono infatti stati avviati i procedimenti per l’approvazione di ben 8 grandi centrali eoliche che dovrebbero sorgere su alcune delle aree più integre e di maggiore interesse paesistico-ambientale regionale. I rilievi ancora incontaminati dell’Appennino e dei Monti Sibillini, tutti sottoposti al vincolo paesaggistico, potrebbero essere invasi da decine e decine di gigantesche torri eoliche alte, comprese le pale, fino a 120 m, cioè come grattacieli di 40 piani, che non risparmierebbero Siti di Interesse Comunitario, Zone di Protezione Speciale e aree contigue alle aree protette. Degli 8 progetti finora presentati, ben 7 si concentrano nell’alto maceratese, interessando i comuni di Gagliole, Fiastra, Montecavallo, Pieve Torina, Serravalle del Chienti, Sefro, Fiuminata, Serrapetrona e Camerino. Tra questi vi è anche il progetto di iniziativa pubblica che prevede la realizzazione, a 1400 m di altitudine, della centrale più grande, composta da 17 pale da 2 MW, che potrebbero essere aumentate a 20. Un altro progetto interessa invece il M. Catria, la montagna più alta della Provincia di Pesaro. Se realizzati, il paesaggio montano marchigiano, compresi i leopardiani “Monti Azzurri”, verrebbe stravolto e verrebbero messe a rischio le esigue popolazioni di uccelli rapaci rari, come l’aquila reale e il biancone.
Gli innumerevoli appelli di quasi tutte le associazioni ambientaliste, rivolti da anni alla Regione affinché avesse posto rimedio all’assalto del territorio da parte dei “signori del vento”, sono rimasti del tutto inascoltati. Nella sua fase di attuazione, il Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR) sta ora rivelando le sue incongruenze - solo in parte attenuate dalle linee guida approvate con D.G.R. n. 829/2007 – dimostrandosi inadeguato a garantire uno sviluppo razionale delle fonti energetiche rinnovabili e realmente rispettoso dei valori ambientali. La previsione di uno sviluppo di energia eolica di 160 MW appare infatti sovradimensionata rispetto alla sostenibilità ambientale, dal momento che i siti con condizioni idonee di ventosità coincidono con le sommità dei rilievi appenninici ad altissima valenza ambientale. La tutela di queste aree rimane pertanto affidata esclusivamente alla procedure di VIA effettuate sui singoli progetti e basate sugli studi di parte commissionati dalle potenti società produttrici di energia.
Alle lusinghe economiche di queste società cedono facilmente i piccoli comuni montani che, alle prese con seri problemi di spopolamento e di bilancio, intravedono nell’energia eolica la panacea dei loro mali, rischiando però di compromettere le vere potenzialità di sviluppo del territorio, basate proprio sulla spiccata vocazione turistica e ambientale.
L’impatto prodotto dalle centrali eoliche nei confronti del paesaggio e dell’avifauna, descritto anche nello stesso PEAR, non può essere giustificato neanche ricorrendo alla necessità di ridurre le emissioni di “gas serra” nel rispetto del protocollo di Kyoto, dal momento che il loro contributo energetico in Italia è irrisorio: basti pensare che tutte le centrali eoliche realizzate in Italia fino al 2006 coprono meno dell1% del fabbisogno energetico nazionale che, tra l’altro, cresce al ritmo di circa il 2% l’anno.
Insomma, i conti del bilancio tra i costi, in termini di impatto sull’ambiente e sul turismo, e di benefici, in termini di produzione energetica, sembrano proprio non tornare e, paradossalmente, lo sviluppo dell’energia eolica nelle Marche rischia di tradursi in un clamoroso boomerang che finirebbe per favorire proprio gli assidui sostenitori dei combustibili fossili.