Natura et Ratio

venerdì, settembre 22, 2023

La pandemia silenziosa dell'inquinamento atmosferico

Le notizie che dovrebbero circolare ogni giorno, interessare i cittadini e - soprattutto - mettere in moto i neuroni di chi governa (a qualsiasi livello) con provvedimenti a cascata.


La pandemia silenziosa da "air pollution" miete qualcosa come 400.000 morti (premature) ogni anno in Europa: vi sembra poco perdere, nella sola Italia, 70.000 persone ogni anno? 191 morti al giorno, quasi 8 all'ora... Per cosa? Per le emissioni inquinanti di veicoli a benzina, gasolio, metano e gpl, per gli impianti di riscaldamento alimentati da combustibili fossili, per le emissioni industriali. Insomma, per il "benessere". Cioè, per quello che viene spacciato per benessere, PIL e crescita.
Informazione, prevenzione, regolamenti edilizi seri e applicabili (edifici passivi), norme fiscali a vantaggio di chi lavora producendo zero emissioni (o si avvicina a quell'obiettivo), tecnologie "carbon neutral", ... insomma, di provvedimenti da adottare ce ne sarebbero a bizzeffe.
Ma guardate la cartina e, in particolare, il colore "nero" della Pianura Padana. Sono decenni che siamo a conoscenza del problema: domeniche senz'auto, targhe alterne, chiusura dei centri abitati al traffico sono solo paraventi che servono a poco o a nulla.
Bisogna cambiare decisamente rotta, il ché non significa meno benessere o "crescita negativa".
Non c'è alternativa. E non c'è futuro (per nessuno, eh!).
#aria #inquinamento #salute #pollution #Italia #Italy #Europe #air #WHO #health #future #futuro #sostenibilità #stopfossilfuels #energierinnovabili #azioni #agireora #politica
---
Fonti e approfondimenti
- Immagine:
 
- Dati mortalità: Ministero Salute (2021) e articolo su "Wired" del 4.12.2022

- Tecnologie Carbon neutral

Etichette: , , , , , , , , , , , , ,

giovedì, settembre 07, 2023

Il folletto dei fiumi: rivedremo mai la Lontra eurasiatica nei Sibillini?

 “Con la luna piena e luminosa le lontre andavano a cacciare il pesce nella Gora del Tunnel. I cuccioli avevano due mesi ed avevano imparato ad infilarsi nell’apertura interna della tana e correre lungo la radice, per ruzzare sulla riva erbosa. Una notte, mentre stavano baruffando attorno alla base di un frassino, udirono il fischio della madre. Il grido non era acuto come il richiamo del maschio alla compagna, ma simile a dita umide sfregate su una lastra di vetro. Immediatamente, Tarka smise di mordere la coda della sorella più piccola, e la terza cessò di rodergli il collo. In tutta fretta scivolarono sulla radice ed entrarono nella tana. La femmina li stava aspettando con una trota in bocca

(brano tratto da “Tarka la Lontra”, di Henry Williamson)

Animale elusivo, che pochi hanno avuto la fortuna di vedere dal vivo in natura, la Lontra eurasiatica (Lutra lutra) abitava anche nella nostra regione, le Marche, fino agli anni ’70 del secolo scorso. Ne avevo accennato in questo articolo: gli ultimi esemplari di questo bellissimo ed agile folletto nei Sibillini sono stati sterminati, lungo il Tenna, tra il 1960 e il 1970. Già l’indimenticato prof. Bernardino Ragni, insigne zoologo umbro, nel 1975 ricordava che << … era data per frequente in tutta la valle del Tenna (Gola dell’Infernaccio), da Capo Tenna ad Amandola; in un sol giorno e nello stesso posto, nei pressi di Montefortino Ignazio Rossi Brunori uccideva ben 7 lontre, probabilmente un gruppo familiare… >>. Considerato che una famiglia occupa, come territorio, anche decine di chilometri di un piccolo fiume, è verosimile che quel giorno la popolazione di lontre dell’alto Tenna ebbe il colpo di grazia ad opera di un cacciatore di Montefortino.


La scomparsa di questo predatore è stato un fatto gravissimo dal punto di vista scientifico e conservazionistico, oltre che ecologico, ma – come scriveva nel 1992 il prof. Massimo Pandolfi, zoologo pesarese anch’egli recentemente scomparso – “fino a quando si manterranno le attuali condizioni culturali e di habitat degli ambienti umidi regionali non è possibile neppure pensare ad una sua reintroduzione”. Cultura (naturalistica) e habitat (da ripristinare): le due chiavi di volta per “sognare” un ritorno della specie anche nella nostra regione!

In Italia la Lontra, tra le specie più minacciata della fauna del nostro Paese, è oggi ancora presente lungo corsi d’acqua non inquinati che presentano estesi boschi ripariali: si tratta, ad ogni modo, della popolazione tra le più piccole ed isolate d'Europa, con gruppi familiari di pochi individui. La ritroviamo in Basilicata, Campania, Calabria, Puglia e, in particolare, nei fiumi Picentino, Calore lucano, Sele, Tanagro, Calore irpino, Ofanto, Alento, Mingardo, Bussento, Bradano, Basento, Cavone, Agri, Sinni, Noce, Lao e fiumara di Atella. È presente pure in Abruzzo e in Molise (bacino del Sangro e alto bacino del Volturno), in alcune stazioni isolate del Lazio (fiume Garigliano). Nel Nord Italia, se si esclude il progetto di reintroduzione nel Parco del Ticino, la presenza è limitata ad alcune aree di risorgiva del Friuli-Venezia Giulia e in Alto Adige, lungo il Drava (e affluenti), questi ultimi nuclei provenienti verosimilmente dai vicini bacini austriaci; ci sono, infine, recenti segnalazioni per il Parc National du Mercantour francese e questo fa ben sperare per i vicini bacini piemontesi e liguri dove la specie era presente fino al secolo scorso.

Mammifero mustelide con abitudini acquatiche, il suo habitat ideale è quello dei biotopi dulciacquicoli di pianura e di montagna, come laghi, stagni, torrenti, fiumi, lagune, fino a circa 1500 m di quota, confermandosi predatore formidabile di pesci e macro-invertebrati d’acqua dolce. Ed è proprio per questa sua abilità che è entrata in competizione con l’essere umano, per cui negli ultimi 150-200 anni la convivenza con Homo sapiens non è stata per nulla facile (basti pensare che fino agli anni ’50-’60 del secolo scorso alcuni pescatori offrivano una ricompensa in denaro a chi dimostrava di aver ucciso una o più lontre); aggiungiamo anche il fatto che, soprattutto durante il XX° secolo, questo animale era oggetto di caccia anche per la sua pelliccia… e il quadro, abbastanza negativo, si completa.

Un individuo adulto può raggiungere anche i 120 cm di lunghezza, compresa la coda lunga e affusolata, per un peso che varia dai 6 ai 15 kg. Presenta adattamenti idonei alla vita subacquea, frutto di millenni di selezione naturale: testa appiattita, con orecchie molto piccole e arrotondate, occhi provvisti di un particolare meccanismo di accomodamento del cristallino (che le permette di vedere bene anche in immersione), zampe corte con piedi palmati, folta pelliccia con “peli di guardia” che proteggono un sottopelo fitto e morbido (accorgimento che permette di trattenere uno strato d'aria isolante intorno al corpo anche rimanendo in acqua per molto tempo).

Generalmente le femmine partoriscono da 2 a 4 cuccioli che divengono autosufficienti verso i 6-9 mesi, completando lo sviluppo attorno ai 2 anni. Gli esemplari adulti vivono isolati o in piccoli gruppi familiari, tuttavia le femmine mantengono la prole per molto tempo. La durata della vita media oscilla tra i 13 e i 15 anni. 

La Lontra è un animale che ama dedicare molto tempo al “gioco”: gli etologi descrivono scene ripetute di rotolamenti sulle rive fangose, a volte utilizzando tronchi quali scivoli improvvisati, e “gare” di tuffi; è stata anche osservata prendere sassi e gettarli in acqua, per poi “correre” a ripescarli.

Le principali minacce per la specie sono l’inquinamento delle acque, il depauperamento della fauna ittica (mancanza di biomassa), la cementificazione e la rettificazione degli argini, la riduzione dei boschi lungo le sponde dei corsi d’acqua, le collisioni con gli autoveicoli e le uccisioni illegali dovute anche al conflitto con la pesca e l’allevamento ittico (cfr. Panzacchi et al., 2010).

Dal punto di vista normativo Lutra lutra è protetta dalla Convenzione di Berna del 1979 (Appendice II), dalla Direttiva “Habitat” 92/43/CEE (Appendici II e IV) ed è inclusa nell’Appendice I della CITES. In Italia è legalmente protetta dal 1977.

Per quel che riguarda il rischio di estinzione su scala globale e nazionale, viene indicata come “quasi minacciata” (NT - Near Threatened) nella “Red List” della IUCN, mentre nella “Lista Rossa” dei vertebrati italiani” la specie è considerata “in pericolo” (En – Endangered). 

Secondo gli specialisti che si occupano da tempo della tutela della lontra, per assicurare una concreta protezione delle residue popolazioni occorre mantenere e migliorare la qualità dell’ ambiente attraverso la conservazione (o il ripristino) della vegetazione ripariale, la rinaturalizzazione delle opere di arginatura artificiale dei corsi d’acqua, la regolamentazione dell’ attività estrattiva dal greto e dalle rive dei fiumi, il controllo dell’inquinamento delle acque, il ripristino qualitativo e quantitativo dei popolamenti ittici per garantire una soddisfacente disponibilità alimentare per la specie (e per evitare conflitti con i pescatori), la tutela delle vie di dispersione degli individui tra i bacini idrografici. C’è da considerare, infine, che una decina di anni fa la popolazione complessiva di lontre in Italia veniva stimata in circa 300 – 600 esemplari, con timidi segnali di espansione geografica: mettere in atto gli interventi di cui sopra non sarà facile, ma il compito più arduo sarà quello di investire in cultura naturalistica per essere “pronti” a garantire un futuro a questa e ad altre specie simbolo.

Oggi i tempi sono cambiati, l’habitat della lontra anche. Resta sempre un filo di speranza e le domande aperte che molti, specialisti e non, si pongono sono essenzialmente queste: potrebbe questo mustelide tornare ad immergersi nelle acque dei nostri ruscelli? E come fare per ridurre gli eventuali “conflitti” con i pescatori della zona? Come integrare il ritorno della lontra con il progetto Life Plus “Trota”, che ha visto l’Ente Parco nazionale dei Sibillini tra i soggetti capofila per recuperare e conservare il ceppo autoctono di Trota mediterranea (Salmo trutta macrostigma), una delle prede preferite da questo carnivoro?

Prima di pensare ad eventuali risposte, proviamo solo ad immaginare cosa potrebbe significare fare un’escursione nelle Gole dell’Infernaccio o in quelle del Fiastrone e trovarsi di fronte, come un folletto, questo agilissimo mustelide.

Sognare, a volte, non può che far bene.


Principali fonti consultate (utili anche come spunti di lettura per approfondire il tema):

Ottaviani, D., Panzacchi, M., Jona Lasinio, G., Genovesi, P., Boitani, L., Lasinio, G.J. & Jonalasinio, G. (2009) Modelling semi-aquatic vertebrates’ distribution at the drainage basin scale: The case of the otter Lutra lutra in Italy. Ecological Modelling: 220, 111–121

Panzacchi M., Genovesi P. & Loy A., 2010. Piano d’azione nazionale per la conservazione della Lontra (Lutra lutra). Ministero dell’Ambiente, ISPRA, pp. 211

Pandolfi M., 1992. Fauna nelle Marche. Mammiferi e uccelli. Regione Marche, Il Lavoro Editoriale, pp. 144.

Williamson H., 1989. Tarka la lontra. Edizioni F. Muzzio, pp. 199

Sito web “Lontra Italia – Italian otter network”, consultato il 4/8/2023: https://lontraitalia.com/ 

Sito web “Piemonte Parchi”, consultato il 4/8/2023: http://www.piemonteparchi.it/cms/index.php/natura/item/3603-evviva-la-lontra-regina-del-fiume 

Siti web https://www.iucn.it  e  https://www.iucnredlist.org/ 

- - -

L'immagine a corredo di questo articolo è stata scattata dall’autore presso il Centro Acqua e Biodiversità di Rovenaud, Parco Nazionale del Gran Paradiso, estate 2022.


Etichette: , , , , , , , , , , , ,

C'è chi va e c'è chi viene: ultimi arrivi (e... prossime dipartite) per la fauna dei Sibillini

Le componenti biotiche di un ecosistema sono soggette a variazioni fisiologiche nel tempo e nello spazio: si tratta di una dinamicità naturale che segue la “legge” dell’evoluzione di darwiniana memoria, tra ambiente fisico in continuo mutamento (modificazioni del clima, terremoti ed eruzioni vulcaniche, ecc.) e competizione intra/interspecifica, che porta a nuovi equilibri dinamici con una anche sostanziale variazione della lista delle specie di flora e fauna di un determinato ambiente.

Ovviamente negli ultimi secoli la presenza sempre più diffusa dell’uomo, anche in zone remote o difficili da raggiungere e da abitare, ha velocizzato certi meccanismi selezionando in modo “artificiale” specie ritenute “utili” ed eliminando quelle valutate come “dannose” o “pericolose”, portando all’estinzione in modo diretto o indiretto centinaia di specie in poco meno di due secoli.

Tutta questa premessa per trattare di un argomento – credo – di un certo interesse anche per chi frequenta i Monti Sibillini e va alla ricerca delle componenti naturali: vi sono alcune specie che sono arrivate decine di migliaia di anni fa per gli effetti dell’ultima glaciazione (come la stupenda Stella alpina dell’Appennino o, per restare nella componente faunistica, il Camoscio appenninico e la Vipera dell’Orsini, veri e propri “relitti glaciali biogeografici”), mentre ve ne sono altre che sono state costrette alla resa dalla persecuzione dell’uomo (come la magnifica Lontra, i cui ultimi esemplari sono stati uccisi negli anni ’70 del secolo scorso proprio nei Sibillini, argomento sul quale ritorneremo), o dalle modificazioni ambientali.

Negli ultimi 20-30 anni abbiamo assistito anche nel comprensorio dei Sibillini e delle aree limitrofe a variazioni della componente faunistica, tra chi arriva e chi se ne va. C’è stato il ritorno del Cervo europeo e del Camoscio appenninico ad esempio, grazie ai lungimiranti progetti dell’Ente Parco nazionale dei Monti Sibillini, ma anche l’arrivo in autonomia – o quasi – di specie più piccole come nel caso del Geco comune, amante del clima prettamente mediterraneo e segnalato, addirittura, anche per il borgo di Fiastra. Per altre specie si è trattato di una modifica dello “status”, ad esempio passando da erratico o migratore a nidificante come per il simpatico Airone guardabuoi, arrivato alle porte dei Sibillini, per il Corvo imperiale, che dal 2015 prova a nidificare in Valnerina e sul Monte dell’Ascensione e per il maestoso Grifone eurasiatico.

Camoscio appenninico

Sono arrivati anche gli alieni: stiamo parlando dei taxa non autoctoni che l’uomo, direttamente o meno, ha introdotto al di fuori del loro areale originario. Due specie tra tutte: la testuggine palustre americana (Trachemys sp.), rinvenuta nel Lago di Fiastra, e la Nutria, la cui rapida espansione dalla costa alle valli pedemontane seguendo i corsi d’acqua e approfittando dei laghetti perifluviali sembra stia “facilitando” – trattandosi di una preda abbastanza “comoda” da cacciare – la diffusione del Lupo anche in zone basso collinari e vallive.

Per alcune specie che arrivano ve ne sono altre che, purtroppo, se ne vanno o sono prossime all’estinzione su scala locale: un simbolo dei tempi è il fantomatico Ululone appenninico, segnalato nei Sibillini fino al 2010-2012 e mai più rivisto. Questo piccolo “rospetto”, considerato un endemismo tutto italiano (anche se c’è dibattito tra gli addetti ai lavori sullo stato di “buona specie”), sta subendo un declino generalizzato in tutto l’areale e non siamo ancora riusciti a porre un freno a quella che nei prossimi 10-15 anni potrebbe diventare l’ennesima specie persa anche a causa dell’uomo.

Infine, grazie agli specialisti che lavorano sul campo l’elenco delle specie di fauna (e di flora) si arricchiscono quasi ogni anno grazie alla scoperta (o alla conferma) di nuove specie: dopo la bella notizia che ha confermato la presenza dell’Arvicola delle nevi, è il mondo degli invertebrati a regalare soddisfazioni. Come la scoperta di Globiceps morettii, un piccolo eterottero il cui nome specifico è stato dedicato alla memoria di un idrobiologo di Perugia, il prof. Giampaolo Moretti, appassionato studioso e frequentatore dei Monti Sibillini.

Etichette: , , ,