Natura et Ratio

domenica, febbraio 22, 2015

Avvelenamento "a norma di legge"?

Ai più può sembrare inverosimile, eppure è così. Nonostante oggi le evidenze scientifiche siano tutte contro l'uso (e l'abuso) dei pesticidi, si continua imperterriti ad irrorare colture, campi, scarpate e persino orti e giardini con sostanze chimiche pericolose non solo per la componente biotica degli ecosistemi ma anche per la salute dell'uomo.
Il paradosso, peraltro nemmeno tale, è che siamo proprio noi italiani ad essere tra i primi al mondo nell'uso (e abuso) dei pesticidi: un triste primato cui fanno da contraltare non solo le problematiche legate agli ecosistemi acquatici (vere e proprie bombe chimiche), ma anche l'aumento di patologie che colpiscono l'uomo e il cui nesso con queste sostanze è oramai appurato (perlomeno in gran parte dei casi).
Sia l'ISPRA, l'Istituto superuore per la ricerca e la protezione ambientale, che molti oncologi hanno più volte evidenziato i dati delle ultime ricerche in proposito, mettendo in funzione un campanello d'allarme che fino ad ora non è servito - purtroppo - a nulla. La nostra classe politica e le lobbies dell'agro-chimica e del biotech fanno le "spallucce" e si arriva all'assurdo di trovare persino nei supermarket sostanze tossiche liberamente acquistabili da tutti...
Trovate qui il recente report dell'ISPRA sul cocktail di pesticidi che possiamo rinvenire nei corsi d'acqua, mentre qui c'è il link all'articolo della dr.ssa Gentilini, brillante medico oncologo referente scientifico dell'ISDE.
Ad majora!

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mercoledì, dicembre 10, 2014

Anche senza pesticidi i raccolti sono buoni: basta "scuse"!

Adesso non ci sono più scuse: lo svantaggio produttivo delle coltivazioni agricole che non usano concimi e pesticidi rispetto a quelle di tipo convenzionale è più basso di quanto stimato in passato.
Non solo: l'attenta gestione di opportune pratiche agronomiche potrebbe ridurlo ancora di più, come evidenzia il lavoro di analisi svolto da un team di ricercatori dell'Università della California a Berkeley su 152 studi che hanno confrontato le rese delle due forme di agricoltura (tradizionale/convenzionale vs. biologica/organica).
Qui trovate l'articolo divulgativo completo.
Buona lettura e... diamo fiducia a chi produce beni primari rispettando l'ambiente e noi stessi, come accade qui!

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venerdì, agosto 29, 2014

C'è cotone e cotone...

E il buon Neil Young ce lo ricorda... a modo suo!

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lunedì, settembre 30, 2013

...grano al pesticida in quel di Montelupone. Con ricovero in ospedale dei braccianti agricoli!

Siamo a Montelupone, bel centro collinare con nucleo storico di origine medioevale (mura ben conservate). Ci troviamo nel primo entroterra maceratese, in un paese che negli ultimi anni ha visto crescere nuovi (orribili, paesaggisticamente parlando) palazzoni e casermoni sulle diverse alture che guardano verso i Sibillini ed il mare. Paese conosciuto per sagre e feste molto apprezzate (su tutte, quella dedicata al miele), e da qualche tempo anche per un recente fatto di cronaca a base di pesticidi! Ebbene sì: non siamo nelle mefitiche pianure dove abbondano erbicidi & co., ma nel cuore (ancora) agricolo delle Marche, dove si pratica anche agricoltura a basso impatto ambientale, biologico e biodinamico. Ma il metodo tradizionale, quello legato alla sola chimica di sintesi, ha fatto danni anche a Montelupone. Nel 2012 un'azienda agraria aveva sparso "comuni" diserbanti in un terreno coltivato a grano, ma le sostanze erbicide (probabilmente con il vento, come sempre accade) avevano raggiunto anche i terreni limitrofi contaminando non solo le colture dei vicini ma anche alcuni braccianti che stavano raccogliendo l'insalata. Braccianti in ospedale e... insalata finita sulle tavole di chissà chi!!! Scatta la denuncia e il processo contro i titolari dell'azienda, apertosi a settembre di quest'anno, li vede accusati di "getto pericoloso di cose e lesioni personali colpose!. Al di la del mero procedimento giudiziario, quello che più dovrebbe farci riflettere è l'uso (e l'abuso) di sostanze chimiche inquinanti, tossiche, nocive: non è ora di dire basta? Questo non significa tornare indietro di 100 anni o più, ma sfruttare le moderne conoscenze agronomiche coltivando prodotti di qualità con metodi attenti all'ambiente, alle persone e ai prodotti alimentari stessi. (qui il link alla notizia)

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martedì, aprile 09, 2013

Pesticidi nelle acque: perseveriamo nella distruzione (nostra e dell'ambiente naturale)!

<< META' DELLE ACQUE ITALIANE CONTAMINATA DA PESTICIDI. LO AFFERMA L'ISPRA NEL RAPPORTO NAZIONALE 2013 SU SETTORE >> (fonte: Ansa) ROMA, 8 APRILE - Aumenta lo stato di contaminazione delle acque italiane superficiali e sotterranee: nel 2010 sono stati rinvenuti residui nel 55,1% dei 1.297 punti di campionamento delle acque superficiali e nel 28,2% dei 2.324 punti di quelle sotterranee, per un totale di 166 tipologie di pesticidi - a fronte dei 118 del biennio 2007-2008 - individuati nella rete di controllo ambientale delle acque italiane. Lo afferma l'Ispra nel Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque 2013. Dal rapporto Ispra, realizzato sulla base delle informazioni fornite dalle Regioni e dalle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, emerge che per la maggior parte si tratta di ''residui di prodotti fitosanitari usati in agricoltura - solo in questo campo si utilizzano circa 350 sostanze diverse per un quantitativo superiore a 140.000 tonnellate - ma anche di biocidi (pesticidi per uso non agricolo) impiegati in vari campi di attivita'. Anche se spesso basse, le concentrazioni indicano a livello complessivo una diffusione molto ampia della contaminazione''. La contaminazione appare piu' diffusa nella pianura padano-veneta (a causa alle caratteristiche idrologiche di quell'area, del suo intenso utilizzo agricolo e al fatto, non secondario - osserva l'Ispra - che le indagini sono sempre piu' complete e rappresentative nelle regioni del nord), ma anche al centro sud, i miglioramenti del monitoraggio stanno portando alla luce una contaminazione significativa. Nel 34,4% dei punti delle acque superficiali e nel 12,3% dei punti di quelle sotterranee i livelli misurati risultano superiori ai limiti delle acque potabili, spiega l'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale aggiungendo che ''le concentrazioni sono state confrontate anche con i limiti di qualita' ambientale, recentemente introdotti, basati sulla tossicita' delle sostanze per gli organismi acquatici. In questo caso il 13,2% dei punti delle acque superficiali e il 7,9% di quelli delle acque sotterranee hanno concentrazioni superiori al limite''. Sulla presenza di miscele nelle acque ''le analisi presentano fino a 23 sostanze diverse in solo campione'' sottolinea l'Ispra avvertendo che ''a causa dell'assenza di dati sperimentali sugli effetti combinati delle miscele e di adeguate metodologie di valutazione, esiste la possibilita' che il rischio derivante dall'esposizione ai pesticidi sia attualmente sottostimato e si impone una particolare cautela anche verso i livelli di contaminazione piu' bassi. Le sostanze concepite per combattere organismi nocivi, infatti, sono potenzialmente pericolose anche per l'uomo'' NB E' attiva una petizione, curata dal prof. Taffetani (ordinario di Botanica presso l'Università Politecnica delle Marche). Cliccate e firmate qui.

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giovedì, agosto 30, 2012

Un appello da sottoscrivere e da divulgare!

Sono passati alcuni anni da quando il prof. Fabio Taffetani, ordinario di Botanica presso la Facoltà di Scienze Agrarie dell'Università Politecnica delle Marche, aveva messo in rete questo documento.
Bene, se è vero che le grandi conquiste in campo sociale ed ambientale nascono dal basso... come non condividere questo appello? Leggete e, se condividete, firmate e divulgate urbi et orbi! E ricordate che... resistenza è resilienza ^__^ ------testo dell'appello------- Sembra proprio che, 50 anni dopo la pubblicazione di Primavera silenziosa, la maledizione della pazzia autodistruttiva che Rachel Carson presagiva, già all’inizio degli anni sessanta, osservando i primi effetti dell’abuso irrazionale della chimica nelle campagne americane (Silent Spring, 1962), stia giungendo alle sue fasi più preoccupanti anche nelle nostre regioni italiane, un territorio che dovrebbe avere cultura, tradizioni, prodotti della terra, paesaggio e ambiente tra le risorse più preziose e condivise. Ci sono sempre più agricoltori che abusano sistematicamente di questa pratica (spesso del tutto inutile, oltre che dannosa per noi e per gli ambienti naturali), ma che utilizzano il diserbo anche al di fuori delle aree coltivate, distruggendo gli habitat erbosi delle fasce non coltivate. Anche semplici cittadini irrorano le fasce erbose sotto casa con erbicidi per evitare lo sviluppo delle erbe infestanti. La pratica del diserbo, nata per il controllo delle commensali in agricoltura, erroneamente considerata come alternativa allo sfalcio, viene ora proposta da amministrazioni locali, ANAS e Società Autostrade, grazie al sostegno delle industrie chimiche che producono il diserbante più aggressivo e meno selettivo oggi sul mercato (il glyphosate), per la manutenzione sistematica delle strade pubbliche (a volte con la scusa di combattere le allergie da polline, ma in realtà, anziché ridurre le fonti di produzione di polline, se ne determina un aumento significativo con la proliferazione di graminacee e di neofite), ben sapendo che, una volta effettuato il primo trattamento, si dovrà continuare questa pratica anche negli anni successivi per evitare la proliferazione delle erbe più aggressive, libere di espandersi, in seguito alla scomparsa della vegetazione matura che presidiava il terreno. Solo gli addetti ai lavori, e una minoranza di cittadini bene informati, oggi sanno che una pratica corrente dell’agricoltura del nostro tempo è il diserbo chimico. Le cosiddette erbacce non vengono più estirpate manualmente o meccanicamente, come accadeva in passato, ma la loro distruzione è affidata a molecole chimiche che si incaricano di annientare il loro sistema ormonale, lasciando in vita le colture utili. Si tratta di una pratica che ha cominciato a diffondersi nel nostro Paese all’indomani della seconda guerra mondiale e che ormai è accettata universalmente come una consuetudine normale. Essa offre infatti la possibilità di risparmiare lavoro e quindi di ridurre i costi aziendali. Fa parte quindi delle innovazioni tecniche inaugurate dall’agricoltura industriale nel XX secolo, che hanno reso la nostra agricoltura sempre più competitiva ma al tempo stesso i nostri agricoltori sempre più subordinati all’industria chimica e soggetti a margini decrescenti di profitto. Oggi, anche su piccoli appezzamenti di terreno, in ogni regione d’Italia, si pratica sistematicamente questa operazione di avvelenamento selettivo del terreno per avere campi privi di erbe indesiderate. Può capitare che persino il personale dei comuni e delle provincie, incaricato di tenere sgombri i bordi delle strade, ricorra a simili mezzi, oltre al decespugliatore meccanico. Chi possiede gli strumenti per leggere il paesaggio e le condizioni del terreno, girando per le nostre campagne può scorgere le tracce visibili della silenziosa guerra chimica oggi in corso. Sempre più frequentemente gli interfilari di vigneti e frutteti appaiono completamente nudi, salvo radi ciuffi d’erba rosseggianti che sembrano sopravvissuti al passaggio del fuoco. Tutto ciò nonostante l’agricoltura biologica abbia da tempo scoperto e sperimentato – valorizzando vecchi saperi contadini – i vantaggi del mantenimento controllato dell’erba nel campo (inerbimento). Questa pratica infatti assicura la difesa del suolo dall’azione della pioggia battente e dai processi di erosione, la conservazione dell’humus e della vita biologica del terreno, la difesa della biodiversità, una crescita più sana delle piante, una superiore qualità organolettica dei frutti, ecc. Ma il ricorso al diserbo chimico continua anche perché esso fa parte di un sistema che ha finito coll’imporre le regole del profitto anche all’ambito incomprimibile della vita. L’agricoltura industriale, infatti, ha abolito le antiche rotazioni delle colture – con le quali si curava la fertilità del terreno e si conteneva la proliferazione delle erbe spontanee – e ha affidato interamente alla chimica il compito di produrre, con i concimi di sintesi, i prodotti agricoli, e di distruggere le piante indesiderate con i diserbanti. Questi ultimi fanno dunque anche parte di un circolo vizioso che agli effetti indesiderati prodotti dall’alterazione degli equilibri naturali risponde con una ulteriore assoggettamento della vita organica alla chimica. Ebbene, a parte le considerazione esposte, ci sono almeno quattro fondamentali ragioni per dire basta a questo modo violento e barbarico di fare agricoltura: 1) I diserbanti sono altamente nocivi alla salute umana, soprattutto degli agricoltori che li usano. Alcuni componenti come il 2,4 _ D e il 2,4,5 _ T (quest’ultimo presente nei defolianti usati dagli americani nella guerra contro il Vietnam) sono gravemente indiziati di ingenerare tumori e i linfomi-non-Hodgkin (H. Norberg-Hodge/P. Goering/ J. Page, From the ground up. Rethinking industrial agricolture, Zed Books, London 2001, p. 19). Una campagna dove sempre più frequentemente circolano tali veleni è destinata a diventare un luogo altamente insalubre tanto per gli agricoltori che per tutti noi; 2) I diserbanti non solo sono gravemente nocivi alla fauna dei campi (uccelli, serpi, talpe, ricci, rospi, grilli, cicale, ecc.) ma sopprimono anche gran parte della vita biologica del terreno. E il terreno non è un semplice supporto neutro per le coltivazioni, quale lo ha reso l’agricoltura industriale, ma un organismo vivente su cui crescono le piante da cui ricaviamo il nostro cibo. Esso è, a pensarci bene, la base stessa della vita, di ogni vita sulla terra. È difficile immaginare che possa sopportare a lungo l’avvelenamento chimico selettivo dei diserbanti. Così come appare difficile immaginare che si possano produrre alimenti sani da un habitat in cui la vita viene così sistematicamente perseguita. 3) I diserbanti inquinano gravamente le falde acquifere. Noi non sappiamo che cosa succederà – e che cosa succeda già adesso – delle fonti da cui i comuni attingono le risorse idriche per distribuire l’acqua potabile ai cittadini. Dopo anni di diserbo chimico sempre più intenso è facile prevedere che i veleni saranno diffusamente presenti nelle nostre falde. Ora, che una delle risorse più preziose della nostra vita e delle nostre economie, bene sempre più scarso, risorsa strategica per il futuro, debba essere distrutta da una delle pratiche più dissennate che l’uomo abbia immesso nell’agricoltura recente è un paradosso che ripugna a ogni elementare buon senso. 4) Infine, un paradosso a cui la scienza e la tecnica, nel corso dell’età contemporanea, ci hanno spesso abituati. I diserbanti si rivelano alla lunga inutili e controproducenti per lo stesso fine per cui sono utilizzati. Riporto le testimonianze di due esperti italiani, appartenenti all’ambito dell’agricoltura convenzionale: «L’introduzione della pratica del diserbo chimico ha provocato una profonda modifica della struttura della vegetazione spontanea. I tratti fondamentali di questo cambiamento possono essere riassunti da una parte nella riduzione della ricchezza floristica e dall’altra nell’abbondanza di un numero ristretto di specie. Pertanto, negli agro-ecosistemi si è ridotto il numero totale di specie infestanti e quelle adattatesi alle nuove condizioni imposte dalla tecnica, per un fenomeno di compensazione, hanno assunto una elevata densità di individui. Il risultato di questo processo è stato un progressivo avvicinamento ecofisiologico tra malerbe e colture, fino ad arrivare, in pratica, a strette associazioni tra specie infestante e specie coltivata, che rendono poco efficaci i trattamenti chimici. Le infestanti sono riuscite ad evolvere strategie ecologiche per sfuggire all’azione dei trattamenti. Si deve infatti tener conto che il diserbo chimico è in grado di colpire solo la quota di infestazione in atto, ma lascia sostanzialmente indisturbata quella non visibile, definita potenziale, dovuta ai semi e agli organi di propagazione agamica presenti nel terreno. L’infestazione potenziale può rappresentare oltre il 90% dell’infestazione totale» (P. Catizone-G. Dinelli, Il controllo della vegetazione infestante, in Accademia Nazionale di Agricoltura, L’agricoltura verso il terzo millennio attraverso i grandi mutamenti del XX secolo, Edagricole, Bologna 2002, pp. 596-97). La pratica del diserbo chimico rappresenta una delle procedure alla lunga più inutili, inquinanti, dannose e costose (per gli agricoltori e i consumatori) oggi presente nell’agricoltura del nostro tempo. Essa va integralmente estirpata dalla nostra agricoltura e ancor più nell'utilizzazione al di fuori delle aree coltivate come una delle scelte più sbagliate ed infauste della tecno scienza contemporanea. Non c’è alcuna ragione perché tale forma di avvelenamento delle nostre campagne duri un giorno in più. Il risparmio di lavoro che il diserbo chimico consente, rispetto a quello meccanico, non può più essere calcolato in termini puramente aziendali o economici, come è stato fatto dissennatamente finora. Se nel computo si immettono i molteplici costi sociali, economici, biologici, ambientali che il suo uso comporta, il bilancio mostra la sua non più occultabile cecità. Fabio Taffetani

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domenica, maggio 22, 2011

Avvelenamento... a norma di legge!

Leggendo questo articolo, non posso non fare a meno di pensare a come - in questi ultimi 20/30 anni - l'uomo faccia di tutto per autodistruggersi.
E' arcinoto a tutti (o quasi, visto che chi ha il potere di "decidere" su cosa vietare per la salute umana e dell'ambiente... ha deciso di non decidere!) che l'esposizione quotidiana al mix sostanze chimiche prodotte dalle attività antropiche ci sta portando verso l'estinzione della specie Homo sapiens sapiens, a partire da una sempre minore fertilità (vedere, ad esempio, qui).
Un bel sospiro di sollievo per tutte le altre specie viventi, certamente, ma... allora a cosa serve la nostra tanto "osannata" (quanto presunta) intelligenza "superiore"?

Tra le sostanze chimiche che ci mangiamo, beviamo o inaliamo tutti i giorni... vi sono anche quelle spruzzate, a norma di legge, nei campi e nelle scarpate stradali. Diconsi pesticidi, venefiche sostanze di sintesi che vanno a distruggere erbe spontanee (erbicidi), funghi (fungicidi), animaletti vari (dai rodenticidi ai molluschicidi) & co.
La pratica è più diffusa di quanto non si possa credere: per alcuni prodotti non serve nemmeno un permesso speciale e chiunque può trasformarsi nell'untore di turno.
Una chiara ed efficacia sintesi delle problematiche connesse con l'uso dei pesticidi ed i danni che si arrecano, a norma di legge (o quasi!), all'ambiente e alla nostra salute sono ben esposte da questo documento del prof. Taffetani, botanico dell'Università Politecnica delle Marche.

Meditate, gente, meditate.
Ma non troppo: qui è necessario agire, se vogliamo salvare il salvabile!!!

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